11 giugno 2007
Forma e processo
Un webpercorso di Giuseppe Davì per il seminario batesoniano di giugno 2007 “Forma e processo”
Da ‘Tracce per una riformulazione del concetto di arte interattiva’ di Tommaso Tozzi 1997
Le forme fluttuanti dell’interfaccia
I sensi sono non solo l’interfaccia con il mondo (valvole tra noi e gli altri), ma sono allo stesso tempo un legame.
I sensi stringono relazioni con il mondo in modo tale da creare connessioni. In particolare con le nuove forme di comunicazione le percezioni sono in grado di ampliarsi, moltiplicarsi e differenziarsi non solo per raccogliere o emettere informazioni, ma per creare una rete intricata e complessa di legami che rendono noi e il mondo un unico organismo complesso.
Un organismo composto di eterogeneità più che di unità. Allo stesso modo l’ interfaccia non va intesa come un semplice filtro di traduzione tra entità diverse, ma è il nodo che li tiene uniti rendendoli l’uno dipendente dall’altro, secondo forze maggiori o minori, in relazione ai molteplici altri nodi, che ciascuna entità mette sincronicamente in atto con numerose altre, ognuna delle quali in grado di influire sulla forza delle altre. L interfaccia (e la comunicazione) non è un semplice filtro di traduzione e attribuzione di senso e decodifica, ma è contemporaneamente uno stretto legame di coevoluzione tra gli enti relazionati. L’interfaccia si configura dunque come una forma fluttuante. Fare un software che prevede la cooperazione tra utente e macchina è estremamente complesso a causa delle logiche stesse di programmazione e costruzione dell’ hardware fino ad ora adottate. E’ necessaria dunque una riformulazione di tali linguaggi e di tali modelli progettuali, che renda possibile creare interfacce cooperative in modo semplice e veloce. Le reti neurali potrebbero muoversi in tale direzione. Un passo necessario ma non sufficiente. Per il momento si tratta di comprendere che l’interfaccia e i programmi non sono qualcosa di esclusivamente meccanico e matematico, ma devono includere altre discipline: la psicologia, la sociologia, l’etologia, la biologia, l’etica, ... ma soprattutto devono essere integrate per un uso personalizzato e relazionato con le situazioni contingenti cui sono finalizzate. Come un libro in una biblioteca è una forma di sapere in quanto non separato dagli individui e dallo stesso autore, allo stesso modo ogni software e ogni computer non può essere progettato separatamente dall’autore e dall’ utente. Non si può pensare a software creati in scala per un unica tipologia di uso. Ogni interfaccia deve essere relativa alla situazione per cui viene creata e dunque l’ interfaccia deve nascere dal dialogo tra programmatore/i e utente/i e tale rapporto non deve mai venire meno, al punto che l’ utente possa essere in grado di essere programmatore esso stesso e dunque capace di riprogrammare l’ interfaccia e viceversa. L interfaccia deve essere fluttuante, ovvero in grado di evolvere nel tempo e in base alle relazioni e al dialogo con gli utenti. Un esempio potrebbe essere il processo di mutazione che l’utente di un blog o di un sito mette in atto intervenendo nel programma htm. In modo semplice saranno trasformati colori, caratteri e impostazioni utili per ottenere effetti differenziati. Accettare un identità significa conferire validità a un metodo specifico di classificazione dell’ essere. Significa accettare che la propria determinazione sociale e ogni sua possibile mutazione possono situarsi solo all’ interno del codice di classificazione accettato. La nostra vita è complessa, al punto da richiedere identità molteplici ovvero sovrapposizioni continue di un numero indefinito di codici e metodi di classificazione della medesima. Processi diversificati in grado di ricodificarsi continuamente. Una legge che imponga alla vita un’ unica chiave di lettura è inaccettabile . L’ identità unica dell’ individuo è la conseguenza del paradigma scientifico e meccanico di classificazione del sapere. Attualmente viviamo in una società di relazioni complesse basate sulla dinamica dei rapporti. Il digitale, ultima uscita della meccanica è costretto a dialogare, confrontarsi e interagire con l’ analogico, garantendo nel fare questo le qualità indeterminate dell’essere.
Webibliografia
Sei biotracce di forme sistemiche in cerca di processo e un corollario
Fritjof Capra
(Vienna, 1° febbraio 1939) è un fisico teorico, economista e scrittore. Si è occupato anche di sviluppo sostenibile, ecologia e teoria della complessità. La sua notorietà è dovuta soprattutto al bestseller "Il Tao della Fisica" (1975). Una nuova visione della natura e della scienza“(...) L’uomo non tesse la trama della vita; in essa egli è soltanto un filo. Qualsiasi cosa fa alla trama, l’uomo la fa a se stesso.” Da “La rete della vita”
Jacques Loeb
(Mayen presso Coblenza, 7. Aprile 1859 ; Hamilton presso le isole Bermuda, 11. Febbraio 1924 )
Sul comportamento degli animali
Gli animali eliotropici – positivamente, se la luce provoca un aumento, negativamente, se la luce provoca una diminuzione della tensione dei muscoli – non sono altro che macchine fotometriche. […] Molti animali sono costretti ad assumere un certo orientamento in rapporto a certe direttrici d’azione, per esempio quella della luce, d’una corrente elettrica, della gravità o della concentrazione di sostanze chimiche. Poiché questo orientamento è regolato dalla legge d’azione della massa, è possibile l’estensione di tale legge a tutte le reazioni fisico-chimiche analoghe. J. Loeb, La conception mécanique de la vie, Parigi, 1912, p. 51)
Pietro Omodeo
(Cefalù, 1919)
Pone le basi teoriche della biologia evoluzionistica
Lavora al Dipartimento di biologia Evolutiva, Università di Siena.
Le scienze naturali in genere e la biologia in particolare, si sono sviluppate attraverso il consueto schema della osservazione, descrizione, generalizzazione e formulazione di principi. Quando possibile i principi vengono posti in forma matematica, come nel caso dei processi fisiologici di animali e piante, o, meno spesso, nel caso di comportamenti semplici o complessi. In altri settori della biologia ciò che appare avere grande rilievo è invece il concatenamento di principi vari, di assunti e di ipotesi di lavoro in teorie che abbracciano problematiche molto vaste. Un caso particolare è quello della teoria dell’evoluzione dei viventi. Detta teoria si articola su quattro proposizioni, formulate in vario modo in origine, ed oggi controllate in sede sperimentale in modo ineccepibile. La documentazione sperimentale, ovviamente, non esaurisce la ricerca, anzi l’orienta in modo urgente in due diverse direzioni: alla ricerca del modo di operare delle diverse categorie degli agenti selettori, nonché al modo in cui si articola la mutagenesi. E’ questo il campo in cui gli studi sono più carenti. E’ anche urgente mettere ordine nello studio della ‘evoluzione per complessificazione’, di solito chiamata ‘macroevoluzione’, campo che è stato trascurato da molto tempo mentre sono stati favoriti gli studi sulla mutagenesi.
Clinton Richard Dawkins
(Nairobi, 26 marzo 1941)
Dawkins è noto in particolare per la sua opera di divulgazione della sua visione dell'evoluzione basata sulla nozione dell'"egoismo del gene", esposta nella sua opera più nota, Il gene egoista. La visione di Dawkins mantiene un impianto complessivo evoluzionista ma identifica nel gene, anziché nella specie, il soggetto principale della selezione naturale che conduce il processo evolutivo. Dawkins, infatti, afferma che: "L'unità fondamentale della selezione, e quindi dell'egoismo, non è né la specie né il gruppo e neppure, in senso stretto l'individuo, ma il gene, l'unità dell'eriditarietà." (Da Il gene egoista cap. 1 "Perché esiste la gente?" pg. 13-14, di Richard Dawkins, ed.Mondadori Classici) Aggiunge inoltre: "Hanno sbagliato tutto [si riferisce a studiosi all'opinione di scienziati a lui precedenti](...) Sono partiti dal presupposto che la cosa più importante dell'evoluzione fosse il bene della specie(o del gruppo) invece che il bene dell'individuo (o del gene)." (Da Il gene egoista cap.1 "Perché esiste la gente?" pg. 4) Sottolinea, infine, che questa interpretazione non deve intendersi come un mutamento radicale rispetto all'evoluzionismo classico, ma piuttosto come uno strumento intellettuale che facilita la comprensione e la visualizzazione dei processi evolutivi.
Pierre Lévy
(Tunisia ,1956)
Pierre Lévy è un filosofo che studia l'impatto di Internet sulla società. Allievo di Michel Serres e Cornelius Castoriadis alla Sorbona, specializzatosi a Montreal, studioso delle implicazioni culturali dell'informatizzazione, del mondo degli ipertesti, e degli effetti della globalizzazione, insegna presso il dipartimento Hypermédias dell'Università di Parigi VIII Saint Denis.
Pierre Lévy si interessa di computer e Internet, come strumenti per aumentare le capacità di cooperazione non solo della specie umana nel suo insieme, ma anche quelle di collettività come associazioni, imprese, gruppi locali. Egli sostiene che il fine più elevato di Internet è l'intelligenza collettiva, un concetto già introdotto da filosofi del passato e così definito in un'intervista: "Che cos'è l'intelligenza collettiva? In primo luogo bisogna riconoscere che l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, è questa in fondo l'intelligenza collettiva."
Roger Penrose
(Colchester ,Gran Bretagna 8 agosto 1931)
La realtà è una cospirazione creata dall'illusione dei sensi.
Roger Penrose è un matematico e fisico inglese, molto stimato per il suo lavoro nel campo della fisica matematica, in particolare per i suoi contributi alla cosmologia. Egli si occupa inoltre di giochi matematici ed è un controverso filosofo.
E’ famoso per l'invenzione avvenuta nel 1974 della tassellatura di Penrose, che è formata da due tasselli che possono ricoprire un piano solo aperiodicamente. Nel 1984, si sono ritrovati schemi simili nella disposizione degli atomi nei quasicristalli (particolare forma di solido nel quale gli atomi sono disposti in una struttura deterministica ma non ripetitiva).
Ha scritto libri come La mente nuova dell'imperatore e Ombre della mente nei quali osserva che le leggi della fisica conosciute non costituiscono un sistema completo e che l'intelligenza artificiale non potrà mai eguagliare l'intelligenza dell'uomo. In questi libri, egli dimostra simili intuizioni basandosi sulla scoperta che l'uomo può fare cose oltre la potenza della logica formale, come sapere la verità di asserzioni non dimostrabili.
É inoltre autore del libro La strada che porta alla realtà, sintesi dello stato della fisica teorica moderna. Egli sostiene che l'essere umano può prendere per vere cose che sono false e che quindi il processo della comprensione non è limitato dai metodi matematici della logica formale. Inoltre, anche i programmi di intelligenza artificiale possono concludere che affermazioni false sono vere; questa non è quindi una caratteristica esclusiva dell'essere umano.
Ha elaborato una teoria della consapevolezza umana dove viene ipotizzato che questa potrebbe essere il risultato di fenomeni quantistici ancora ignoti che avrebbero luogo nei microtubuli (bastoncelli cavi di varia lunghezza, importanti per determinare la forma complessiva della cellula) e che rientrerebbero in una nuova teoria capace di unificare la teoria della relatività di Einstein con la meccanica quantistica.
Corollario
L’evoluzione a quattro dimensioni
Eva Jablonka e Marion Lamb
UTET
Il modo di concepire l'ereditarietà e l'evoluzione sta attraversando una fase di rivoluzionario cambiamento. Le nuove scoperte della biologia molecolare mettono in discussione, infatti, la versione "genocentrica" della teoria darwiniana, secondo cui l'adattamento ha luogo esclusivamente tramite la selezione naturale di variazioni casuali del DNA. In questo testo, Eva Jablonka e Marion Lamb sostengono, invece che l'ereditarietà non ha a che vedere soltanto con i geni e tracciano quattro "dimensioni" dell'evoluzione, quattro sistemi ereditari che in essa giocano una parte: quello genetico, quello epigenetico (trasmissione cellulare dei tratti esente da mutazioni del DNA), quello comportamentale e quello simbolico (trasmissione tramite il linguaggio o altre analoghe forme di comunicazione). Ciascuno di essi, secondo le autrici, è in grado di fornire variazioni su cui può agire la selezione naturale.
Da ‘Tracce per una riformulazione del concetto di arte interattiva’ di Tommaso Tozzi 1997
Le forme fluttuanti dell’interfaccia
I sensi sono non solo l’interfaccia con il mondo (valvole tra noi e gli altri), ma sono allo stesso tempo un legame.
I sensi stringono relazioni con il mondo in modo tale da creare connessioni. In particolare con le nuove forme di comunicazione le percezioni sono in grado di ampliarsi, moltiplicarsi e differenziarsi non solo per raccogliere o emettere informazioni, ma per creare una rete intricata e complessa di legami che rendono noi e il mondo un unico organismo complesso.
Un organismo composto di eterogeneità più che di unità. Allo stesso modo l’ interfaccia non va intesa come un semplice filtro di traduzione tra entità diverse, ma è il nodo che li tiene uniti rendendoli l’uno dipendente dall’altro, secondo forze maggiori o minori, in relazione ai molteplici altri nodi, che ciascuna entità mette sincronicamente in atto con numerose altre, ognuna delle quali in grado di influire sulla forza delle altre. L interfaccia (e la comunicazione) non è un semplice filtro di traduzione e attribuzione di senso e decodifica, ma è contemporaneamente uno stretto legame di coevoluzione tra gli enti relazionati. L’interfaccia si configura dunque come una forma fluttuante. Fare un software che prevede la cooperazione tra utente e macchina è estremamente complesso a causa delle logiche stesse di programmazione e costruzione dell’ hardware fino ad ora adottate. E’ necessaria dunque una riformulazione di tali linguaggi e di tali modelli progettuali, che renda possibile creare interfacce cooperative in modo semplice e veloce. Le reti neurali potrebbero muoversi in tale direzione. Un passo necessario ma non sufficiente. Per il momento si tratta di comprendere che l’interfaccia e i programmi non sono qualcosa di esclusivamente meccanico e matematico, ma devono includere altre discipline: la psicologia, la sociologia, l’etologia, la biologia, l’etica, ... ma soprattutto devono essere integrate per un uso personalizzato e relazionato con le situazioni contingenti cui sono finalizzate. Come un libro in una biblioteca è una forma di sapere in quanto non separato dagli individui e dallo stesso autore, allo stesso modo ogni software e ogni computer non può essere progettato separatamente dall’autore e dall’ utente. Non si può pensare a software creati in scala per un unica tipologia di uso. Ogni interfaccia deve essere relativa alla situazione per cui viene creata e dunque l’ interfaccia deve nascere dal dialogo tra programmatore/i e utente/i e tale rapporto non deve mai venire meno, al punto che l’ utente possa essere in grado di essere programmatore esso stesso e dunque capace di riprogrammare l’ interfaccia e viceversa. L interfaccia deve essere fluttuante, ovvero in grado di evolvere nel tempo e in base alle relazioni e al dialogo con gli utenti. Un esempio potrebbe essere il processo di mutazione che l’utente di un blog o di un sito mette in atto intervenendo nel programma htm. In modo semplice saranno trasformati colori, caratteri e impostazioni utili per ottenere effetti differenziati. Accettare un identità significa conferire validità a un metodo specifico di classificazione dell’ essere. Significa accettare che la propria determinazione sociale e ogni sua possibile mutazione possono situarsi solo all’ interno del codice di classificazione accettato. La nostra vita è complessa, al punto da richiedere identità molteplici ovvero sovrapposizioni continue di un numero indefinito di codici e metodi di classificazione della medesima. Processi diversificati in grado di ricodificarsi continuamente. Una legge che imponga alla vita un’ unica chiave di lettura è inaccettabile . L’ identità unica dell’ individuo è la conseguenza del paradigma scientifico e meccanico di classificazione del sapere. Attualmente viviamo in una società di relazioni complesse basate sulla dinamica dei rapporti. Il digitale, ultima uscita della meccanica è costretto a dialogare, confrontarsi e interagire con l’ analogico, garantendo nel fare questo le qualità indeterminate dell’essere.
Webibliografia
Sei biotracce di forme sistemiche in cerca di processo e un corollario
Fritjof Capra
(Vienna, 1° febbraio 1939) è un fisico teorico, economista e scrittore. Si è occupato anche di sviluppo sostenibile, ecologia e teoria della complessità. La sua notorietà è dovuta soprattutto al bestseller "Il Tao della Fisica" (1975). Una nuova visione della natura e della scienza“(...) L’uomo non tesse la trama della vita; in essa egli è soltanto un filo. Qualsiasi cosa fa alla trama, l’uomo la fa a se stesso.” Da “La rete della vita”
Jacques Loeb
(Mayen presso Coblenza, 7. Aprile 1859 ; Hamilton presso le isole Bermuda, 11. Febbraio 1924 )
Sul comportamento degli animali
Gli animali eliotropici – positivamente, se la luce provoca un aumento, negativamente, se la luce provoca una diminuzione della tensione dei muscoli – non sono altro che macchine fotometriche. […] Molti animali sono costretti ad assumere un certo orientamento in rapporto a certe direttrici d’azione, per esempio quella della luce, d’una corrente elettrica, della gravità o della concentrazione di sostanze chimiche. Poiché questo orientamento è regolato dalla legge d’azione della massa, è possibile l’estensione di tale legge a tutte le reazioni fisico-chimiche analoghe. J. Loeb, La conception mécanique de la vie, Parigi, 1912, p. 51)
Pietro Omodeo
(Cefalù, 1919)
Pone le basi teoriche della biologia evoluzionistica
Lavora al Dipartimento di biologia Evolutiva, Università di Siena.
Le scienze naturali in genere e la biologia in particolare, si sono sviluppate attraverso il consueto schema della osservazione, descrizione, generalizzazione e formulazione di principi. Quando possibile i principi vengono posti in forma matematica, come nel caso dei processi fisiologici di animali e piante, o, meno spesso, nel caso di comportamenti semplici o complessi. In altri settori della biologia ciò che appare avere grande rilievo è invece il concatenamento di principi vari, di assunti e di ipotesi di lavoro in teorie che abbracciano problematiche molto vaste. Un caso particolare è quello della teoria dell’evoluzione dei viventi. Detta teoria si articola su quattro proposizioni, formulate in vario modo in origine, ed oggi controllate in sede sperimentale in modo ineccepibile. La documentazione sperimentale, ovviamente, non esaurisce la ricerca, anzi l’orienta in modo urgente in due diverse direzioni: alla ricerca del modo di operare delle diverse categorie degli agenti selettori, nonché al modo in cui si articola la mutagenesi. E’ questo il campo in cui gli studi sono più carenti. E’ anche urgente mettere ordine nello studio della ‘evoluzione per complessificazione’, di solito chiamata ‘macroevoluzione’, campo che è stato trascurato da molto tempo mentre sono stati favoriti gli studi sulla mutagenesi.
Clinton Richard Dawkins
(Nairobi, 26 marzo 1941)
Dawkins è noto in particolare per la sua opera di divulgazione della sua visione dell'evoluzione basata sulla nozione dell'"egoismo del gene", esposta nella sua opera più nota, Il gene egoista. La visione di Dawkins mantiene un impianto complessivo evoluzionista ma identifica nel gene, anziché nella specie, il soggetto principale della selezione naturale che conduce il processo evolutivo. Dawkins, infatti, afferma che: "L'unità fondamentale della selezione, e quindi dell'egoismo, non è né la specie né il gruppo e neppure, in senso stretto l'individuo, ma il gene, l'unità dell'eriditarietà." (Da Il gene egoista cap. 1 "Perché esiste la gente?" pg. 13-14, di Richard Dawkins, ed.Mondadori Classici) Aggiunge inoltre: "Hanno sbagliato tutto [si riferisce a studiosi all'opinione di scienziati a lui precedenti](...) Sono partiti dal presupposto che la cosa più importante dell'evoluzione fosse il bene della specie(o del gruppo) invece che il bene dell'individuo (o del gene)." (Da Il gene egoista cap.1 "Perché esiste la gente?" pg. 4) Sottolinea, infine, che questa interpretazione non deve intendersi come un mutamento radicale rispetto all'evoluzionismo classico, ma piuttosto come uno strumento intellettuale che facilita la comprensione e la visualizzazione dei processi evolutivi.
Pierre Lévy
(Tunisia ,1956)
Pierre Lévy è un filosofo che studia l'impatto di Internet sulla società. Allievo di Michel Serres e Cornelius Castoriadis alla Sorbona, specializzatosi a Montreal, studioso delle implicazioni culturali dell'informatizzazione, del mondo degli ipertesti, e degli effetti della globalizzazione, insegna presso il dipartimento Hypermédias dell'Università di Parigi VIII Saint Denis.
Pierre Lévy si interessa di computer e Internet, come strumenti per aumentare le capacità di cooperazione non solo della specie umana nel suo insieme, ma anche quelle di collettività come associazioni, imprese, gruppi locali. Egli sostiene che il fine più elevato di Internet è l'intelligenza collettiva, un concetto già introdotto da filosofi del passato e così definito in un'intervista: "Che cos'è l'intelligenza collettiva? In primo luogo bisogna riconoscere che l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, è questa in fondo l'intelligenza collettiva."
Roger Penrose
(Colchester ,Gran Bretagna 8 agosto 1931)
La realtà è una cospirazione creata dall'illusione dei sensi.
Roger Penrose è un matematico e fisico inglese, molto stimato per il suo lavoro nel campo della fisica matematica, in particolare per i suoi contributi alla cosmologia. Egli si occupa inoltre di giochi matematici ed è un controverso filosofo.
E’ famoso per l'invenzione avvenuta nel 1974 della tassellatura di Penrose, che è formata da due tasselli che possono ricoprire un piano solo aperiodicamente. Nel 1984, si sono ritrovati schemi simili nella disposizione degli atomi nei quasicristalli (particolare forma di solido nel quale gli atomi sono disposti in una struttura deterministica ma non ripetitiva).
Ha scritto libri come La mente nuova dell'imperatore e Ombre della mente nei quali osserva che le leggi della fisica conosciute non costituiscono un sistema completo e che l'intelligenza artificiale non potrà mai eguagliare l'intelligenza dell'uomo. In questi libri, egli dimostra simili intuizioni basandosi sulla scoperta che l'uomo può fare cose oltre la potenza della logica formale, come sapere la verità di asserzioni non dimostrabili.
É inoltre autore del libro La strada che porta alla realtà, sintesi dello stato della fisica teorica moderna. Egli sostiene che l'essere umano può prendere per vere cose che sono false e che quindi il processo della comprensione non è limitato dai metodi matematici della logica formale. Inoltre, anche i programmi di intelligenza artificiale possono concludere che affermazioni false sono vere; questa non è quindi una caratteristica esclusiva dell'essere umano.
Ha elaborato una teoria della consapevolezza umana dove viene ipotizzato che questa potrebbe essere il risultato di fenomeni quantistici ancora ignoti che avrebbero luogo nei microtubuli (bastoncelli cavi di varia lunghezza, importanti per determinare la forma complessiva della cellula) e che rientrerebbero in una nuova teoria capace di unificare la teoria della relatività di Einstein con la meccanica quantistica.
Corollario
L’evoluzione a quattro dimensioni
Eva Jablonka e Marion Lamb
UTET
Il modo di concepire l'ereditarietà e l'evoluzione sta attraversando una fase di rivoluzionario cambiamento. Le nuove scoperte della biologia molecolare mettono in discussione, infatti, la versione "genocentrica" della teoria darwiniana, secondo cui l'adattamento ha luogo esclusivamente tramite la selezione naturale di variazioni casuali del DNA. In questo testo, Eva Jablonka e Marion Lamb sostengono, invece che l'ereditarietà non ha a che vedere soltanto con i geni e tracciano quattro "dimensioni" dell'evoluzione, quattro sistemi ereditari che in essa giocano una parte: quello genetico, quello epigenetico (trasmissione cellulare dei tratti esente da mutazioni del DNA), quello comportamentale e quello simbolico (trasmissione tramite il linguaggio o altre analoghe forme di comunicazione). Ciascuno di essi, secondo le autrici, è in grado di fornire variazioni su cui può agire la selezione naturale.
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