23 febbraio 2008
Spaghetti alla “Palina”
La semplicità è necessaria; coniugare economia e alto livello qualitativo è possibile. Occorre soltanto sperimentare e scoprire che, anche con elementi facilmente rintracciabili nella nostra cucina, si può preparare un piatto di pasta indimenticabile. A casa mia si chiamava “pasta alla palina”, dal nome dell’antico autore, tal Paolino, forse cuoco del monastero di 'San Francesco di Paola' a Palermo o forse indigente a caccia di qualcosa di gustoso e nutriente.
Se siete in sei o al massimo otto, sarà sufficiente un chilo di spaghetti grossi, ricordo quelli del dopoguerra venduti a peso e avvolti nella cosiddetta carta pasta; occorrerà del pangrattato, meglio se casalingo e in pratica da diversi tipi di pane secco; infine del buon olio extravergine e alici sottolio.
Meglio sarebbe, usare le sarde salate. In tal caso ricordatevi di considerarne almeno due a persona. Lavatele abbondantemente sotto un getto d’acqua fresca, staccate la testa della sarda e togliete con le dita bagnate il sale in eccesso e il nero delle interiora, e, continuando a tenerle sotto il getto dell’acqua, apritele in due con l’unghia del pollice facendo un solco accanto alla spina chiara. La spina rimarrà attaccata da un lato, come un fossile nella sua matrice della mezza sarda. Dopo sarà facile sfilarla, sollevandola dalla parte superiore fino alla piccola coda argentea. Talvolta la coda non verrà via, tranciatela decisamente con le unghie del pollice e dell’indice!
…….Rimaneva nelle dita un fortissimo odore di salmastro e di mare e per qualche istante il muro della cucina crollava e s’apriva un orizzonte di mare blu fino in fondo e un cielo bianco latte e onde alte crestate di spuma bianchissima……
Non è la stessa cosa svitare il coperchio metallico a un vasetto di vetro e usare le alici in orrida conserva d’olio di semi. Eliminate tutto il lavoro di pulitura delle sarde ma anche il sapore, ricordatelo. Comunque quattro filetti a persona.
Mettete sul fuoco una grande pentola con l’acqua e attendete che vada a bollore; col coperchio, ci metterà meno tempo. Ricordatevi di aggiungere il sale solo a bollitura iniziata.
Nel frattempo in una padella media versate tanti cucchiai d’olio quanti sono i vostri ospiti e fate alzare la temperatura ma non troppo. Avete già preparato un piatto fondo col pangrattato, due cucchiai a persona saranno sufficienti. Abbrustolite nell’olio caldissimo rimescolando continuamente e velocemente , il pangrattato assorbirà l’olio e dovrà diventare dorato, non brunito. La tostatura sarà tanto migliore quanto più rapidamente avverrà. Togliete dal fuoco e mescolate ancora aggiungendo un pizzico generoso di sale marino. Conservate “a muddica atturrata” in un piatto.
Lavate bene la padella e rimettetela su fuoco basso, con olio a vostro piacere. Misurandone e usandone una quantità più o meno notevole, cercherete di rendere il condimento gradito alla combriccola. La generosità non è necessaria ma ………auspicabile. In tale padella sciogliete lentamente le alici o le sarde , già pulite e pronte. Attenzione a non far friggere l’olio; a tal uopo, aggiungete alcune cucchiaiate d’acqua calda, magari da quella che sta per bollire per la pasta. La salsa sarà pronta in breve.
Cuocete gli spaghetti al dente, aggiungendo alla fine due bustine di zafferano sciolto in acqua tiepida, scolate non perfettamente, versateli colanti e fumanti in una capace zuppiera, conditeli con la salsa calda mescolando perfettamente .
Adesso colmate i piatti e spolverate in cima alla collina giallo oro, due belle cucchiaiate, ocra chiaro, di “muddica atturrata”(1).
L’effetto è sempre sorprendente specie se accompagnato da un bel bicchiere di vino rosso corposo e d’alta gradazione.
(1)Ai nostri giorni il pangrattato è stato sostituito con il pan carré, tagliando i bordi scuri e tenendo poco in un mix frullatore in modo da avere delle briciole consistenti che verranno tostate nel solito modo.
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